La macinatrice del cioccolato. Al Vitra Design Museum, lo studio Wieki Somers in collaborazione con il cioccolatiere Rafael Mutter ha messo in scena un nuovo e coinvolgente rituale per assaporare e condividere il cioccolato .

Qualche tempo fa, al fine di consigliare la comunicazione adatta al suo cioccolato, avevo stilato per un’azienda una relazione che nella parte introduttiva distingueva fra quattro tipi di edonismo. Non c’è dubbio che un buona esortazione all’acquisto, praticata massicciamente in pubblicità, si risolva in: “Dai, pensa al tuo piacere!”. Ma i modi di accostarsi al piacere sono differenti e ognuno implica un messaggio dalla connotazione diversa. Quale tipo di pubblico vi interessa? Quale sensibilità non volete urtare? Prima di ideare un messaggio pubblicitario è utile elaborare delle categorie di base che vi aiutino a focalizzarlo. È questo un compito del consulente culturale. Quello che segue è dunque un esempio abbastanza basico (le categorie vanno poi ulteriormente raffinate) di come classificare (in uno dei tanti campi possibili).

Edonista misurato è colui che gode dell’esperienza per il piacere fine a se stesso. Non è necessariamente un individuo isolato e introverso, ma comunque è indipendente e sceglie autonomamente nella gamma dei piaceri possibili, con una certa vigoria dell’es freudiano. Il tutto però inserito all’interno di un atteggiamento consapevole che, a fronte della caducità e delle incertezze della vita, non si pone esageratamente il problema del differimento del godimento e tanto meno quello dell’ascesi.

 

Edonista elitario è colui che prova piacere non tanto direttamente nell’esperienza ma nel senso di identificazione sociale che quell’esperienza gli conferisce. Il godimento è dato dalla promozione sociale che il possesso o il consumo di un bene o la fruizione di un servizio determinano agli occhi degli altri e anche a quel sé che corrisponde alla riformulazione interiore della propria personalità, in funzione dello sguardo altrui. È l’edonismo di tutti coloro che acquistano automobili di grossa cilindrata, quando non siano spinti da un’effettiva passione per il motore. Il piacere in questo caso è una sorta di tessera di iscrizione a un club elitario. La stessa cioccolata, per la cronaca, ha avuto un momento significativo sul piano della distinzione sociale, nell’Ottocento quando cominciò a traslare dalla tavole degli aristocratici a quelle dei borghesi (che inizialmente si erano convertiti al caffè, in virtù della sua capacità eccitante, meglio declinata con la produttività borghese in confronto al parassitismo aristocratico). In Italia, gli anni ottanta sono inquadrabili come un momento di profonda diffusione dell’edonismo elitario. Va sottolineato come l’edonismo elitario sia naturalmente conservatore, poiché non mette in discussione l’ordine sociale: chi lo pratica aspira anzi a conservarlo, raggiungendo i gradini dell’elite.

 

Edonista irresponsabile è colui che, nella coltivazione del piacere proprio, sconfina decisamente nell’egoismo, disinteressandosi completamente della conseguenze sugli altri dell’appagamento dei propri piaceri, e anzi aggiungendo un surplus di godimento nel disturbo altrui. Per l’edonista elitista, l’edonista irresponsabile è un vero nemico, perché la riprovazione sociale che consegue alla sua condotta è antitetica rispetto alla legittimazione pubblica che tiene in piedi un’elite. Gli edonisti irresponsabili, in Italia, hanno preso piede specialmente negli anni Novanta e, se da una parte, sono una categoria discretamente estesa, dall’altra cresce l’ostilità nei loro confronti in quanto l’irresponsabilità non viene fondata solo in senso commissivo (come nel caso di chi sente la musica ad alto volume in macchina alle tre di notte e con la portiere aperta) ma anche in senso omissivo, ritenendo meritevole di biasimo, ad esempio, chi calza scarpe Nike senza porsi il problema dello sfruttamento del lavoro minorile. Una forma particolare di edonismo irresponsabile è quello antagonistico, volutamente irresponsabile, nel senso che contrappone un asserito “diritto al godimento” contrapposto a un ordine sociale che mira a reprimerlo per ragioni classiste. Per sua natura, quindi, è un piacere “disturbante” per gli altri, in quanto acquisito sottraendosi a quelle che sono le vigenti regole sociali: in tal senso è artatamente “irresponsabile”, perché vuole sottolineare l’irresponsabilità dell’ordine sociale stesso, e procede in modo contrappositivamente ribelle e sovversivo. Si possono far risalire le moderne radici di tale forma di edonismo al Marcuse e al Sessantotto, arrivando agli espropri proletari dei secondi anni settanta.

 

Edonista compensativo è chi insegue il piacere come giustificazione per il sacrificio che si impone per la maggior parte della durata della vita. La categoria non va intesa quindi come quella dei “sublimanti” (soffro di carenze affettive e compenso questa mancanza con il gusto del cioccolato) ma come quella di chi vede nel piacere un mero accessorio di un approccio calvinista al lavoro (la weberiana espressione viene qui utilizzata senza alcuna connotazione valutativa e ormai sganciata dall’influenza religiosa: membro del clan camorrista  ha un atteggiamento perfettamente calzante con la psiche dell’edonista compensativo). Il lavoro è dominante nel tempo ma il suo valore ha bisogno di essere integrato dalla compensazione del “piacere” che, per quanto possa essere breve e concentrato, fonda l’equilibrio che giustifica l’esistenza.

Anima in Corporation aiuta le aziende a creare e analizzare le categorie in cui rientra il pubblico che intendono raggiungere

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